Coprire, rappresentare, raccontare: la storia del cappotto, come quella di ogni indumento di moda, si intreccia a una moltitudine di usi e costumi, inverni freddi e viaggi in aereo, auto polverose e copioni hollywodiani, guerre drammatiche e rinascite economiche. La sua forma contemporanea prende il via dal XIII° Secolo in poi in un susseguirsi di invenzioni, soluzioni, forme e tagli che arriveranno fino ai doppiopetto e loden che oggi tutti indossiamo.
La marsina (ovvero il soprabito ricamato francese, parte del completo maschile a tre pezzi) è l’antenato del cappotto: dalla sua forma lunga e affusolata nasce l’inglese Riding-coat (diffuso poi in Europa come Redingote), un cappotto da gentleman completamente privo di decori. Da questo modello si svilupperanno molte varianti: il Carrik (con mantelline, pensato per i viaggi); il paletot o paltò (il soprabito borghese per eccellenza del ‘800); il modello Raglan (con spalle dal taglio obliquo, prende il nome da Lord Raglan comandante delle truppe britanniche nella Guerra di Crimea). La marsina è l’antenato del cappotto: dalla sua forma nasce l’inglese Riding-coat, ovvero la Redingote Arriveranno poi il Chesterfield (dal nome della famiglia di conti del nord d’Inghilterra, monopetto con revers di velluto nero e bottoni nascosti); Il Brooks Brothers (americano come l’omonimo marchio che lo rende famoso, è il doppiopetto reso famoso dai divi di Hollywood come Clark Gable); il Montgomery (o Duffle coat, modello con alamari pensato per la Royal Navy inglese e passato alla storia per essere stato indossato dal generale britannico B.L. Montgomery); e il Loden (che prende il nome dall’omonimo tessuto prodotto con lana di pecora,
orignario del Tirolo prima usato dai pastori nel Medioevo e poi diventato il simbolo dell’artistocrazia austriaca).
Il cappotto da donna contemporaneo nasce come derivazione dal modello maschile e quindi come evoluzione della marsina. Nei primi anni dell’Ottocento, il Corriere delle Dame presenta la Doglietta, un cappotto a vestaglia in tessuti pregiati spesso doppiati con imbottiture o pelliccia. Dopo questo modello è un’esplosione di varianti: lo spolverino (paltò utilizzato nelle autovetture per proteggere gli abiti dalla polvere); il cappotto a cosacca (ispirato alle uniformi dei soldati russi e poi ripreso da Yves Saint Laurent in una famosa collezione del 1976); i modelli anni Trenta (con spalle importanti, ispirati alla Haute Couture di Parigi ma anche alle dive di Hollywood) e quelli più squadrati degli anni Quaranta (realizzati con materiali di fortuna durante la Seconda Guerra Mondia); i manteux del New Look di Christian Dior; i mini cappotti di Adnré Courrèges di fine anni Sessanta; i modelli unisex o folk dei ’70.
Fonte: Repubblica.it