Il ritorno della tuta: da sportiva a elegante

La periferia finisce sempre in passerella. Sempre. Anche quando è brutta, sciatta, senza stile. Anzi, soprattutto quando è brutta, sciatta e senza stile. O almeno questo dimostra la storia della tuta sportiva, da tutti chiamata ‘da ginnastica’, ieri emblema della sciatteria da sobborgo urbano, oggi simbolo massimo di tendenza patinata. Giacca con zip e cappuccio più pantaloni con elastici in vita, bande ai lati e aperture sul fondo: la tuta è un capolavoro di comodità, per molti un obbrobrio di eleganza, per tutti un fatto di moda. Sono infatti tanti gli stilisti che l’hanno rivalutata in passerella nell’autunno inverno 2017. E sono tanti, anzi tantissimi quelli che l’hanno utilizzata per la primavera estate 2018. La sua storia nasce nel 1919, passa per lo sport tra le due Grandi Guerre, prende una scorciatoia musicale negli anni Settanta/Ottanta per arrivare prima tra star e celebrity e poi raggiungere finalmente il traguardo impensabile, le sfilate di moda. Ma come è successo?

Tuta da lavoro: l’inizio di un mito
Si deve al Movimento Futurista l’ideazione della prima tuta: è il 1919 e l’artista Thayat insieme al fratello Ram inventano la ‘Tu-Ta’, capo d’abbigliamento che infrange i codici borghesi del vestire con un pezzo composto da un solo elemento a forma di T che rende tutti uguali (in francese tout-de-même, termine che poi si contrae in ‘tuta’).

Nel 1919 l’artista Thayat col fratello Ram inventano la ‘Tu-Ta’, capo d’abbigliamento che infrange i codici borghesi
Nel 1923 arriva Varst, tuta operaia pensata da Aleksandr Rodchenko con la moglie Varvara Stepanova. La tuta sportiva Adidas, modello diventato un archetipo del vestire contemporaneo, nasce nel 1965 e adotta ai lati di gambe e braccia le famose tre bande della multinazionale sportiva.

La tuta tra musica, cinema e star
Dalla fine degli anni Settanta fino a tutti gli Ottanta, sarà l’hip-hop americano a trasformare la tuta in un capo culto indossato da celebrità, musicisti e artisti. Il cinema fa ovviamente la sua parte: nel 1973, Bruce Lee sceglie una tuta gialla con strisce nere in L’ultimo combattimento di Chen; e nel 2001 Ben Stiller la vuole come divisa nella pellicola-culto I Tenenbaum girata da Wes Anderson; e nel 2003 Uma Thurman porta un modello simile a quello di Bruce Lee in Kill Bill di Quentin Tarantino.

La tuta oggi: dalle periferie alla passerella
Diventata emblema del vestire comodo e rilassato, la tuta sportiva passa dalle periferie delle grandi città alle passerelle in due fasi. Ieri grazie al marchio americano Juicy Couture, che la propone con grande successo in una versione di ciniglia, indossata da tantissime dive nei momenti di relax. Oggi con i grandi stilisti che la mettono in passerella per l’autunno inverno 2017/18 e per la primavera estate 2018: Marc Jacobs, Chloé, Gucci, Miu Miu, Sacai, Vetements fino ai più nuovi Fenty di Rihanna per Puma e Palm Angels. Per arrivare alla versione ‘couture’ di Pierpaolo Piccioli che per la collezione Cruise 2018 di Valentino l’arricchisce con lavorazioni d’alta moda.

Perché ci vestiremo con la tuta da ginnastica
Non ci sono dubbi: tutti gli stilisti di oggi hanno un’ossessione per la tuta, capo d’abbigliamento improvvisamente presente su tutte le passerelle. “Il fatto è spiegabile soprattutto per l’ossessione generale per la forma fisica”, racconta Sofia Gnoli, docente di Storia della Moda all’Università La Sapienza di Roma. “Dopo l’hip-hop, infatti, la tuta è tornata di tendenza per il suo legame simbolico con lo sport”.

“La tuta rappresenta un crash visivo per la moda contemporanea”
“Non va dimenticato che la tuta rappresenta un crash visivo per la moda contemporanea”, aggiunge Maria Luisa Frisa, critico di moda, curatore e docente allo Iuav di Venezia. “Questo capo, infatti, riesce a rendere informale e più giovane tutto il guardaroba tradizionale. Aggiungendo un’aspetto piùquotidiano e più contemporaneo all’abbigliamento formale”.

 

Fonte: Repubblica.it

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